Giambattista Basile, nato nel 1566 a Giugliano in Campania, è uno dei più illustri narratori della tradizione letteraria barocca italiana.
La sua opera si distingue per l’uso innovativo della fiaba come veicolo per esprimere e preservare la cultura popolare della sua terra natale. Basile, celebrato come il “Boccaccio napoletano”, riuscì a fondere il dialetto napoletano con le fiabe, creando un potente strumento narrativo per rappresentare, attraverso raffinate metafore, la complessa e spesso turbolenta realtà del XVII secolo in Campania.
La sua opera più celebre, il Pentamerone o “Lo Cunto de li Cunti”, rappresenta l’apice della sua creatività letteraria, una raccolta di fiabe che non solo affascina per la ricchezza della lingua, ma anche per la profondità delle storie che svelano la saggezza e le contraddizioni della società del tempo.
Basile fu battezzato nella parrocchia di San Nicola, dove si trova ancora oggi la registrazione della sua data di nascita. Poco si sa dei suoi primi anni di vita, ma in gioventù lasciò il paese natale e iniziò un periodo di viaggi attraverso l’Italia. Arruolatosi come soldato mercenario, servì la Repubblica di Venezia, spostandosi tra Venezia e Candia (oggi Creta). Durante il suo soggiorno a Creta, Basile entrò in contatto con l’Accademia degli Stravaganti, un cenacolo letterario che influenzò profondamente il suo pensiero e la sua opera.
I primi segni della sua produzione letteraria risalgono al 1604, con la scrittura di alcune lettere prefatorie alla “Vaiasseide” per l’amico Giulio Cesare Cortese, e l’anno seguente, la sua villanella “Smorza crudel amore” venne messa in musica. Tornato a Napoli nel 1608, pubblicò il poemetto “Il pianto della Vergine”. Nel 1611 entrò al servizio della corte di Luigi Carafa, principe di Stigliano, dedicandogli l’opera teatrale Le avventurose disavventure. Seguì poi la sorella Adriana, celebre cantante dell’epoca, alla corte di Vincenzo Gonzaga a Mantova, dove si unì all’Accademia degli Oziosi e curò la prima edizione delle rime di Galeazzo di Tarsia.
A Mantova, Basile pubblicò varie opere, tra cui madrigali dedicati alla sorella, odi, Egloghe amorose e lugubri, una nuova edizione ampliata de Il pianto della Vergine e il dramma in cinque atti La Venere addolorata. Tornato a Napoli, continuò la sua carriera come governatore di vari feudi per conto di nobili del Sud Italia. Tra le sue opere successive spiccano L’Aretusa (1618), dedicato al principe Caracciolo di Avellino, e il dramma in cinque atti Il guerriero amante (1619).
Giambattista Basile morì a Giugliano in Campania il 23 febbraio 1632, all’età di 66 anni. La sua eredità letteraria, tuttavia, continua a vivere, celebrata come una delle voci più originali e significative della letteratura italiana.